Anche i coach possono soffrire
- Daniela Barzini

- 29 mar 2020
- Tempo di lettura: 2 min
Stasera è una sera triste, anzi dolorosa, molto dolorosa. Domani mio figlio prende l’aereo e va all'estero a perlustrare un paese in cui, è quasi certo, andrà a vivere. L’Italia non è in grado di trattenere i nostri giovani di qualità, non offre prospettive di ampliamento professionale senza massacrarli di tasse. E così i giovani ’in gamba’ se ne vanno, anche quelli che in Italia, se non ci fossero tali condizioni, ci starebbero.
È un po’ che se ne parla ma questa prima partenza rende tutto così maledettamente e tristemente reale.
Sono davvero molto contenta per lui. Riconoscere nei suoi occhi quella determinazione e quell'entusiasmo che animavano anche i miei di occhi quando mi affacciavo al mondo del lavoro mi rende madre orgogliosa e comprensiva.
Il dolore del distacco però è forte. Mio figlio è stato sempre la mia priorità di vita. Mi mancherà da morire non potergli dare la buonanotte, o il decidere all'improvviso di uscire a cena perché entrambi abbiamo lavorato fino a tardi o il guardare insieme qualche video su YouTube per commentarlo. Ritengo il nostro rapporto molto equilibrato e siamo entrambi molto autonomi, ma mi mancheranno tutte quelle piccole meravigliose sfumature che hanno riempito di amore la mia vita di mamma. Stasera siamo finiti non si sa come sui video delle sigle dei cartoni animati di quando era piccolo. E non son riuscita a trattenere le lacrime. All’idea di non poterlo più vedere spesso, per un attimo, ma giuro solo per un attimo, ho pensato a quanto sarebbe stato bello poterlo riavere piccolo per poter rivivere tutto. E mi ritrovo a sperare che la luce del giorno e tutto il lavoro fatto vorranno ridare un senso ai prossimi giorni perché ora anche il respirare mi sembra non averne. Per questa notte accolgo il dolore e il mio essere mamma ’umana’. Ebbene sì, anche i coach possono soffrire.
Photo D. Barzini






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